Le società a responsabilità limitata – come tutte le altre società di capitali – rispondono delle obbligazioni sociali esclusivamente con il proprio patrimonio (art. 2462 cod. civ.) .
I creditori sociali, in caso di insolvenza di una società di capitali o nel nostro caso di una società a responsabilità limitata, non potranno chiedere l’escussione dei beni di proprietà personale dei singoli soci.
Tale principio non ha, contrariamente a quanto generalmente si pensi, carattere assoluto.
Vi sono dei casi, infatti, in cui gli amministratori rispondono dei debiti contratti dalla società (pur se a responsabilità limitata) che amministrano. Le società a responsabilità limitata, infatti e tutte le società di capitali infatti hanno “un’autonomia patrimoniale c.d. perfetta”: il patrimonio della società a responsabilità limitata è, pertanto, del tutto autonomo e distinto rispetto a quello dei soci e dell’amministratore.
La responsabilità patrimoniale dei soci, per le obbligazioni sociali della società a responsabilità limitata, è circoscritta esclusivamente:
a) ai conferimenti di beni e danaro effettuati in sede di costituzione della società;
b) agli apporti di beni e denaro eseguiti successivamente a favore della società, in conto capitale.
LE SOCIETA’ DI PERSONE E L’AUTONOMIA PATRIMONIALE IMPERFETTA
Nella società di persone (società semplice, società in nome collettivo e società in accomandita semplice) al contrario, si parla di autonomia patrimoniale imperfetta in quanto il patrimonio dei soci illimitatamente responsabili, sia pur distinto da quello societario, può essere aggredito dai creditori sociali nel momento in cui il credito verso la società non sia stato soddisfatto dalla escussione dei beni sociali. I creditori di una società di persone hanno – in ogni caso – l’obbligo della preventiva escussione dei beni societari e, solo qualora il credito resti insoddisfatto, potranno aggredire, in giudizio, il patrimonio personale dei singoli soci ai fini del recupero del loro credito.
LA RESPONSABILITA’ LIMITATA DEL SOCIO DELLA SRL
Con riferimento specifico alla società a responsabilità limitata, se chiudiamo e cancelliamo la società, quando i soci sono tenuti a pagare i debiti fiscali?
Il nostro sistema prevede che con l’iscrizione della cancellazione dal Registro delle Imprese si determina la sicura estinzione della società, anche qualora, successivamente, emergano rapporti societari non risolti e, in particolare, debiti non soddisfatti.
Fatta questa premessa, l’articolo 2495 del c.c. (cancellazione della società) è molto chiaro a riguardo. L’articolo prevede che, ferma restando l’estinzione della società di capitali dopo la cancellazione, i creditori sociali non soddisfatti possono far valere i loro crediti nei confronti dei soci fino a concorrenza delle somme da questi riscosse in base al bilancio finale di liquidazione.
Anche i giudici della Corte di Cassazione, con la sentenza n. 13259 del 26 giugno 2015, avevano chiarito che è inutile chiudere l’azienda al solo scopo di non voler pagare i debiti con il Fisco o con Equitalia.
Ovviamente la questione non è così immediata e non può essere liquidata con questa semplice affermazione.
Presupposto dell’esercizio di tale azione sarebbe proprio “l’inosservanza degli obblighi inerenti alla conservazione dell’integrità del patrimonio sociale” potendo l’azione essere proposta quando “il patrimonio sociale risulta insufficiente al soddisfacimento dei loro crediti”.
Una responsabilità diretta e personale dell’amministratore nei confronti del creditore sociale dunque, come conseguenza della sua mala gestione, giusto contrappeso alla responsabilità limitata, che costituisce al pari della responsabilità illimitata nella società personali, un disincentivo a comportamenti avventati da parte di chi gestisce l’impresa sociale.
Si pensi, ad esempio, al caso in cui l’amministratore presenti infedeli dichiarazioni dei redditi o bilanci societari irregolari.
Se l’Amministrazione Finanziaria vuole recuperare dai soci le imposte dovute dalla società chiusa e cancellata dal Registro delle Imprese, deve dimostrare l’esistenza di un attivo di liquidazione e l’ammontare di tale attivo (in pratica, deve dimostrare l’ammontare di quanto ha percepito ciascun socio in fase di liquidazione della società)
In questo caso, come si evince e contrariamente a quanto accade in genere, l’onere della prova ricade sull’Amministrazione Finanziaria.
I giudici della Suprema Corte hanno ricordato che la cancellazione dal Registro delle Imprese costituisce il presupposto della proponibilità dell’azione direttamente nei confronti dei soci, ma solo a condizione che questi abbiano percepito somme in sede di liquidazione del bilancio finale.
La responsabilità personale del socio (che scatta solo dopo la chiusura della società) non può estendersi al patrimonio personale ma si limita a quanto il socio ha realmente ricevuto con il bilancio di liquidazione.
Per esempio se, in fase di liquidazione, al socio viene riconosciuta una quota di 5.000 euro, per i debiti verso l’erario ma anche per quelli verso i fornitori o le banche, il socio risponderà solo fino alla soglia di 5.000 euro.
Nulla devono e non rispondono di alcun debito della società estinta, i soci che invece non hanno percepito nulla dalla fase di liquidazione della società.
Altresì l’Agenzia delle Entrate potrà chiedere il saldo dei debiti della società cancellata, solo quando dimostra che nella fase della liquidazione ci sia stata una distribuzione del patrimonio della società stessa.