Il primo invio dello “spesometro” semestrale (comunicazione dei dati delle fatture emesse e ricevute) effettuato entro il 16 ottobre scorso, ha portato alla luce un fenomeno sufficientemente diffuso:
in taluni casi il software di controllo dell’Agenzia delle Entrate ha evidenziato che la fattura rilasciata dal fornitore, i cui dati sono stati inoltrati dal cliente mediante lo “spesometro”, era riferita ad un soggetto non titolare di partita Iva.
Il motivo può essere duplice:
- Il fornitore non ha mai aperto la partiva IVA (cd. evasore totale)
- Il fornitore già titolare di partita IVA, ha successivamente chiuso la propria posizione, divenendo da quel momento evasore totale.
COSA FARE
In dottrina si è discusso e si sta discutendo di quale sia il comportamento corretto da parte del cliente a cui il software di controllo ha segnalato la suddetta “anomalia”.
Su alcuni aspetti vi è concordanza di vedute, su altri ancora non si è pervenuti ad una conclusione univoca. Va detto, per completezza, che l’Agenzia delle Entrate non si è espressa sulla specifica questione.
I punti di concordanza prevedono che:
- il cliente contatti formalmente il fornitore in modo tracciato (raccomandata o email) chiedendo spiegazioni;
- in conseguenza della probabile mancata risposta del fornitore, ovvero di risposta non ricevibile in quanto palesemente non congrua, interrompere qualunque rapporto con il suddetto fornitore.
Vi è poi un ulteriore adempimento che possiamo considerare meramente cautelativo e collaborativo che trova sostanzialmente concordi tutti secondo la logica del “male non fa”:
- inviare una PEC al proprio Ufficio dell’Agenzia delle Entrate, competente per territorio, segnalando il fatto. Per inciso, ovviamente, l’Agenzia delle Entrate è comunque in grado di intercettare autonomamente quanto accaduto posto che, come detto, il software di controllo dello spesometro ha già segnalato l’anomalia, all’atto della trasmissione telematica.
Su quanto segue, invece, non vi è uniformità di vedute in dottrina e senza con questo voler prendere definitiva posizione su un aspetto controverso, questo Studio ritiene di non concordare:
- provvedere a rendere indetraibile l’IVA riferita a detta fattura d’acquisto, versare l’eventuale Iva a debito con ravvedimento operoso, inviare una liquidazione IVA correttiva del trimestre di riferimento con sanzione ravveduta.
Per inciso, non si concorda poiché la fattura emessa dal soggetto non dotato di partita Iva non è tecnicamente “falsa” posto che la prestazione è stata effettivamente eseguita o il bene è stato oggettivamente acquistato, la fattura è stata effettivamente pagata.
Si coglie l’occasione per raccomandare che tutti i pagamenti dei fornitori avvengano non in contanti (salvo acquisti di limitatissimo importo), ma sempre in modo tracciato (bonifico, assegno non trasferibile, carta di credito), posto che nel caso che stiamo prospettando se il pagamento è stato eseguito in contanti, si aggiunge un evidente elemento di criticità alla fattispecie che di per se è già complicata.
Su un aspetto riteniamo, invece, di dover prendere posizione: lo “spesometro” non va inviato eliminando la fattura fornitori “incriminata”. Se così si facesse si vanificherebbe completamente la finalità dello “spesometro” che ha proprio la funzione di evidenziare queste situazioni di evasione mediante incrocio dei dati e in base alla logica di contrapposizione di interessi (quelli del cliente e quelli del fornitore).
VOLGENDO LO SGUARDO IN AVANTI
L’occasione è propizia per fornire alcune indicazioni di massima che, alla luce dei recenti avvenimenti, sarebbe opportuno adottare come metodo:
- in caso di istaurazione di un rapporto con un nuovo fornitore, verificare tramite l’apposita funzione sul sito dell’Agenzia delle Entrate che il suddetto fornitore sia in possesso di partita IVA;
- anche nell’ipotesi di fornitori con rapporti consolidati nel tempo è bene, periodicamente, effettuare una ricognizione per verificare la sussistenza ella partita IVA.
LE ULTERIORI CAUTELE DA OSSERVARE SOPRATTUTTO NELL’ACQUISIZIONE DI SERVIZI
Va da sé che la raccomandazione di riscontro della partita IVA non vale nell’ipotesi in cui si proceda ad acquisti di modesto importo da un negozio su strada, ma è circoscritta a forniture apprezzabile importo. In quest’ultimo caso (appalti, forniture periodiche rilevanti) è bene effettuare oltre alla verifica della partita IVA anche una visura camerale per accertarsi che sussista l’iscrizione al Registro delle Imprese. La visura camerale, infatti, consente di verificare se l’impresa ha o meno dipendenti, gestisce la propria attività in uno o più immobili, vale a dire che sia una impresa che sia in grado di assumere l’incarico commissionatogli, soprattutto se si tratta di servizi (pubblicità, consulenze, studi di mercato, etc.) su cui maggiormente si concentra l’attenzione degli organi verificatori.
La verifica è finalizzata ad evitare che il soggetto che assume l’incarico ed emette la fattura a nostro carico in realtà sia un mero prestanome che fattura il lavoro svolto o la vendita effettuata da altri (fatture per operazioni di operazioni soggettivamente inesistenti). La registrazione di una fattura emessa da un soggetto che non ha svolto il lavoro comporta per il cliente ricevente (magari inconsapevole) un reato di carattere penale, ad eccezione dell’ipotesi in cui il fornitore dimostri che abbia subappaltato a terzi il lavoro commissionatogli. Da qui la raccomandazione di precisare nel contratto se il soggetto subappalterà in tutto o in parte il lavoro affidatogli.