LA PATENTE A PUNTI SUI CANTIERI E L'OBBLIGO DAL 01 OTTOBRE.
4 Ottobre 2024
L’accertamento fiscale attivato dall’Agenzia delle Entrate nell’ambito degli studi di settore è nullo se il contribuente non beneficia della possibilità di difendersi, giustificandosi in sede amministrativa. Lo afferma la Corte di Cassazione, con sentenza n. 6971 dell’8 aprile 2015, analizzando il caso di un professionista che si era visto recapitare un invito al contraddittorio per definire l’accertamento dei redditi del 1996, superiori a quanto dichiarato.
Il professionista aveva inviato la documentazione necessaria accompagnata da una relazione, ma l’ufficio aveva già provveduto a notificargli un avviso di accertamento volto al recupero di IRPEF e IVA non versati, oltre alle sanzioni previste per legge.
In seguito al rigetto del ricorso presentato alla Commissione Tributaria Provinciale di Roma prima e alla Commissione Tributaria Regionale del Lazio poi, il professionista è ricorso in Cassazione precisando che l’ufficio fiscale aveva emesso l’avviso di accertamento prima dell’incontro con il contribuente inoltre, l’Amministrazione non aveva in alcun modo preso in considerazione le sue ragioni illustrate nei documenti, pertanto l’accertamento doveva essere dichiarato nullo.
La Cassazione, nell’accogliere il ricorso e citando una sentenza precedente (n. 26635/2009), ha chiarito che:
«La procedura di accertamento tributario standardizzato mediante l’applicazione dei parametri o degli studi di settore costituisce un sistema di presunzioni semplici, la cui gravità, precisione e concordanza non è “ex lege” determinata dallo scostamento del reddito dichiarato rispetto agli “standards” in sé considerati – meri strumenti di ricostruzione per elaborazione statistica della normale redditività – ma nasce solo in esito al contraddittorio da attivare obbligatoriamente, pena la nullità dell’accertamento, con il contribuente.»
Il metodo di accertamento non deve tradursi in una determinazione automatica del reddito del contribuente, senza che quest’ultimo abbia avuto la possibilità di interloquire in alcun modo al riguardo.
In sede di contraddittorio preventivo, il contribuente deve provare la sussistenza di condizioni che giustificano la sua esclusione dall’area dei soggetti cui possono essere applicati gli “standards”. L’ufficio può motivare l’accertamento esclusivamente in base dell’applicazione di questi ultimi solo nel caso in cui il contribuente non accetti l’invito al contraddittorio, rimanendo del tutto inerte.
Nel caso analizzato, l’Amministrazione finanziaria non ha tenuto conto delle ragioni che il contribuente aveva espresso nella propria relazione, né dei dati contenuti nei documenti, disattendendo quanto previsto dalla norma e formulando sentenze in seguito annullate dalla Corte Suprema di Cassazione.
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