REDDITOMETRO, LEGITTIMO L’ACQUISTO DI IMMOBILI CON DENARO PROVENIENTE DA TERZI

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Sulla base delle risultanze dei registri immobiliari, dai quali risultava l’acquisto di due immobili per un valore di oltre 500.000 euro, e in assenza di presentazione delle dichiarazioni dei redditi, l’Agenzia delle Entrate notificava ad una contribuente due avvisi di accertamento, con cui contestava la titolarità di redditi pari ad € 100.000 per ogni anno.

La Commissione Tributaria Provinciale, con Sentenza confermata dalla Commissione Tributaria Regionale, annullava tuttavia l’atto impositivo, ritenendo che la contribuente avesse offerto la dimostrazione che gli acquisti erano stati eff ettuati con denaro proveniente da una rimessa eff ettuata dal coniuge e che, in assenza di ulteriori indizi, le somme predette non fossero il risultato di redditi non dichiarati.

L’Agenzia delle Entrate ricorreva quindi in Cassazione, sostenendo che nel caso di specie è possibile procedere ad accertamento sulla sola base dell’incremento patrimoniale del contribuente, non essendo necessaria la presenza di ulteriori indizi.

La Suprema Corte osserva che in caso di omessa presentazione della dichiarazione, l’Amministrazione Finanziaria può servirsi di qualsiasi elemento probatorio ai fi ni dell’accertamento del reddito, comprese le presunzioni semplici; nella fattispecie spetta al contribuente l’onere di dimostrare l’assenza di redditi imponibili.

La Legge non tipizza la sopra citata prova, che può essere dunque fornita con qualsiasi elemento idoneo a garantire adeguata certezza circa la natura non reddituale dell’elemento preso in considerazione in fase di accertamento.

Nel caso di specie, la contribuente ha dimostrato di aver proceduto agli acquisti immobiliari contestati grazie al denaro derivante dal futuro marito; dalla documentazione bancaria prodotta si evinceva infatti l’accredito a titolo di regalia, in quanto specificava che il motivo dell’introito era un “acquisto immobile” e la causale era costituita da “sussidi e regalie”.

La documentazione forniva inoltre anche indicazioni sulle date dei movimenti, dai quali si poteva rilevare la sequenza temporale dell’operazione di accredito e poi di quella di addebito degli assegni circolari utilizzati per l’acquisto.

Di conseguenza, la Corte di Cassazione, ritenendo sufficiente la prova contraria offerta dalla contribuente, rigetta il ricorso dell’Agenzia delle Entrate, annullando definitivamente l’avviso di accertamento.

Fonte: Sentenza della Corte di Cassazione 22.03.2017, n. 7258

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