LIMITE AI PRELIEVI DI CONTANTE DAL CONTO CORRENTE PER GLI IMPRENDITORI

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Dal 15 novembre 2016 è entrato in vigore un nuovo limite all’uso del contante per gli imprenditori. Questa volta sono interessati i prelevamenti di denaro contante dal conto corrente.

In pratica per chi preleva dal conto corrente una somma superiore a mille euro in un giorno o a cinquemila euro in un mese potrebbe essere oggetto di indagini da parte dell’Agenzia delle Entrate.

Viene infatti fissato un limite numerico alle operazioni sul proprio conto oltre il quale scatterà automaticamente una presunzione di “nero” qualora il contribuente imprenditore non riesca a dimostrare il contrario.

È questo l’emendamento più critico appena approvato dal decreto fiscale e che rischia di costituire un vero e proprio incubo per contribuenti e risparmiatori nonchè imprenditori.

Difatti, benché la normativa antiriciclaggio stabilisce che l’uso del contante è vietato solo a partire da 3.000 euro, e nonostante i chiarimenti ministeriali secondo cui tale limite non si applica a prelievi e versamenti sul conto corrente (per i quali non vi è alcun tetto), la nuova norma vorrebbe imporre ai correntisti un vincolo particolarmente forte, almeno per quanto riguarda gli imprenditori.

L’emendamento ripetiamo interessa solo gli imprenditori e non i professionisti (per i quali sussiste una sentenza della Corte Costituzionale che li salva da questo regime). Quindi tutte le volte in cui le cause del prelievo o del versamento in banca non possono essere dimostrate al fisco, l’Agenzia delle Entrate può presumere che, dietro l’operazione, si nasconda un’attività in nero.

Ricordiamo comunque che l’Amministrazione Tributaria ha sempre avuto nel mirino quei comportamenti che risultassero incoerenti tra utilizzo del contante, indice del tenore di vita privato, rapportato al volume d’affari dichiarato.

La norma quindi è stata introdotta solo per stabilire un limite numerico oltre i quali in automatico scatta la presunzione di acquisti in nero e quindi con altrettanti ricavi .

Viene così integralmente riscritta la norma in base alla quale i prelievi possono costituire “compensi”. Il legislatore interviene affermando come la norma in questione potrà operare al ricorrere di un requisito «numerico»: la presunzione contraria al contribuente, per i prelievi non giustificati, scatterà solo se viene superato il limite giornaliero di mille euro e, comunque, quello di 5 mila euro mensili.

Entro invece tale limite siamo dinanzi a una sorta di «franchigia» entro la quale il problema non dovrebbe sussistere.

Si tratta, ovviamente, solo di una «presunzione» che opera per di più in automatico, ma che consente sempre la prova contraria. Una prova, tuttavia, non sempre facile da raggiungere considerando che, spesso, si perde traccia e memoria delle ragioni dei propri spostamenti monetari.

Ecco allora che, oltre a una corretta causale, è sempre meglio conservare un archivio con i documenti giustificativi dell’impiego di consistenti somme di denaro.

 

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