BUONI PASTO: COSA CAMBIA DAL 2015

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Con la legge di Stabilità 2015 vengono introdotte delle novità relative ai buoni pasto corrisposti ai lavoratori e collaboratori. Sintetizziamo quindi i punti salienti della nuova disciplina fiscale di questa forma sostitutiva di erogazione del vitto nei confronti dei lavoratori interessati, in particolar modo in caso di trasferte al di fuori della sede consueta di svolgimento della prestazione.

La nuova disciplina modifica, in sintesi, la soglia di esenzione fiscale dei ticket restaurant riconosciuti portando il limite di non imponibilità fiscale a euro 7,00 per quelli utilizzati in forma elettronica. Rimane invece invariata la disciplina per i buoni basto cartacei restando fissa a euro 5,29. Il nuovo dettato normativo avrà effetto a decorrere dal 1 luglio 2015.

Prima di addentrarci nelle peculiarità proprie dei ticket restaurant è bene precisare che la normativa di riferimento è rintracciabile nel dettato di cui all’art. 51, comma 2, lettera c) del Tuir 917/1986 dove viene espressamente indicato che “Non concorrono a formare il reddito […] le somministrazioni di vitto da parte del  datore  di  lavoro, nonché quelle in mense organizzate direttamente dal datore di lavoro o gestite da terzi, o, fino all’importo  complessivo  giornaliero  di lire 10.240 (euro 5,29), le  prestazioni e le indennità sostitutive  corrisposte agli addetti ai cantieri  edili,  ad  altre  strutture  lavorative  a carattere temporaneo o ad unità produttive  ubicate  in  zone  dove manchino strutture o servizi di ristorazione.”

Lo stesso Testo Unico 917/1986 è stato novellato appunto dalla legge di Stabilità 2015, nella quale, ai commi 16 e 17 viene sancito che:

  • Comma 16: alla lettera c) del comma 2 dell’articolo 51 del testo unico delle imposte sui redditi, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, e successive modificazioni, le parole: «di lire 10.240,» sono sostituite dalle seguenti: «di euro 5,29, aumentato a euro 7 nel caso in cui le stesse siano rese in forma elettronica».
  • Comma 17: La disposizione di cui al comma 16 entra in vigore il 1º luglio 2015.

Pertanto a decorrere dal 1 luglio 2015:

Ma cosa sono, come sono fatti e come funzionano i buoni pasto (o ticket restaurant)?
Questi rappresentano un servizio sostitutivo di mensa, di importo corrispondente al valore facciale del buono. Sono documenti, emessi in forma cartacea o elettronica, che danno al possessore il diritto di ottenere, dagli esercizi convenzionati con la società di emissione dei buoni stessi, la somministrazione di alimenti e bevande e la cessione di prodotti di gastronomia pronti per il consumo, escludendo ogni prestazione in denaro.

L’art. 5, comma 1 del DPCM 18 novembre 2005, stabilisce che i buoni pasto:

  • consentono all’utilizzatore di ricevere un servizio di mensa di importo pari al valore facciale del buono pasto;
  • costituiscono il documento che consente all’esercizio convenzionato di provare l’avvenuta prestazione nei confronti delle società di emissione;
  • sono utilizzati, durante la giornata lavorativa anche se festiva o domenicale, esclusivamente dai prestatori di lavoro subordinato, a tempo pieno e parziale, anche qualora l’orario di lavoro non preveda una pausa per il pasto, nonché dai soggetti che hanno instaurato con il cliente un rapporto di collaborazione anche non subordinato;
  • non sono cedibili, commercializzabili, cumulabili o  convertibili in denaro;
  • sono utilizzabili esclusivamente per l’intero valore facciale.

I ticket restaurant devono riportare o permettere di identificare:

  • il codice fiscale o la ragione sociale del datore di lavoro;
  • la ragione fiscale e il codice fiscale della società di emissione;
  • il valore (facciale) espresso in valuta corrente;
  • il termine temporale di utilizzo;
  • lo spazio riservato per l’apposizione della data di utilizzo, della firma dell’utilizzatore e del timbro dell’esercizio convenzionato presso il quale il buono pasto viene utilizzato;
  • la dicitura “il buono pasto non è cumulabile, né cedibile, né commerciabile, né convertibile in denaro; può essere utilizzato sole se datato e sottoscritto dall’utilizzatore”.

Se predisposto invece su supporto elettronico (card o badge):

  • la somministrazione di alimenti e bevande avviene previo rilascio di badge appositamente codificato con i dati anagrafici dei dipendenti;
  • le informazioni registrate sul badge consentono di fruire di una sola prestazione giornaliera, secondo le modalità previste dalla legge o dal contratto di lavoro;
  • il badge impedisce utilizzi impropri o fraudolenti, quali la corresponsione di denaro o  di beni o prestazioni diverse da quelle stabilite nel contratto;
  • le card non sono assimilabili ai ticket restaurant, ma sono parificate al sistema di mensa aziendale “diffusa” in quanto il dipendente può rivolgersi ai diversi esercizi convenzionati (Risoluzione 63/E del 17 maggio 2005);
  • gli appositi terminali installati presso gli esercizi convenzionati, possono identificare chi siano gli utilizzatori e quando gli stessi fruiscano del servizio;
  • non è permesso posticipare la fruizione della prestazione in caso di mancato utilizzo (in caso di mancato utilizzo nei giorni di lavoro ne fa venir meno il diritto).

Per quanto riguarda invece la disciplina fiscale, i buoni pasto non generano materia imponibile in capo ai percettori, entro il limite massimo di euro 5,29 (o euro 7,00 per quelli elettronici) e solo l’eventuale maggiore valore sarà pertanto assoggettato a tassazione e contribuzione.

L’Amministrazione Finanziaria, mutando i propri precedenti orientamenti, ha sostenuto che quanto riconosciuto tramite i buoni pasto (cartaceo od elettronico) è equiparabile ad un  compenso corrisposto in denaro e non in natura (cfr Risoluzione n. 26/E del 29 marzo 2010).

Inoltre l’Agenzia delle Entrate, con propria la Risoluzione n. 118/E del 30 ottobre 2006, ha precisato che il beneficio di cui all’art. 51, comma 2, lettera c), del Tuir 917/1986 spetta anche ai lavoratori subordinati a tempo parziale, nel caso in cui la modulazione dell’orario di lavoro non preveda il diritto alla pausa pranzo, e per contro riconosca il diritto alla fruizione di buoni pasto.

Infine l’Amministrazione Finanziaria, con la Circolare 23 dicembre 1997 n. 326/E e con la Circolare 16 luglio 1998 n. 188/E, ha sancito che, per poter fruire della detassazione, i buoni pasto devono necessariamente essere rivolti alla generalità dei dipendenti o a categorie omogenee di essi. Per categorie omogenee non devono intendersi solo quelle previste dal codice civile (dirigenti, operai, ecc.), ma anche tutti i dipendenti di un certo tipo, ad esempio tutti i lavoratori con una certa qualifica o di un certo livello.

È opportuno poi specificare che, stante quanto disposto ai fini tributari con l’art.51, comma 2, lett. c) del Tuir 917/1986, nel caso in cui il lavoratore si rechi in trasferta il riconoscimento del ticket restaurant, in aggiunta a quanto rimborsato dal datore a titolo di vitto comporterà due possibili conseguenze:

  • la riduzione della franchigia di imposta relativa all’indennità di trasferta rispetto ai valori massimi di esenzione di euro 46,48 o di euro 77,47;
  • l’integrale assoggettamento a tassazione (e contribuzione) del ticket restaurant riconosciuto.

Tale principio risulta oltremodo valido nel caso in cui siano riconosciuti rimborsi spese analitici, forfettari o misti ricomprendenti il vitto sostenuto dal lavoratore in occasione della sua missione.

tratto da Fisco 7 del 5 marzo 2015

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